Torna il nostro appuntamento con le bellezze di Roma e oggi vi portiamo in una “location” davvero unica quanto bizzarra: il Monte dei Cocci di Testaccio.
Un luogo che porta con sé tanta storia e che oggi vi raccontiamo e soprattutto vi consigliamo di visitare, anche perché si sa, Novembre porta ancora molte belle giornate e allora andiamo a viverle nella magia di Roma.
Partiamo dal presupposto che il monte dei cocci è Testaccio e viceversa. Ad ogni modo è un monte artificiale perché composto da milioni di frammenti di testae (cocci) che lo compongono: c’è chi dice 53 milioni, ma sarà vero? Si tratta di un cumulo di frammenti di anfore alto 54 metri che si estende su un’area più o meno triangolare compresa tra il fiume e le Mura Aureliane. Sono anfore olearie, provenienti quasi tutte dalla Betica (attuale Andalusia).
Venivano sbarcate nel vicino porto fluviale, il prezioso contenuto era qui travasato e il materiale poroso dei recipienti, che non ne permetteva il riutilizzo, veniva eliminato. I Romani provvedevano dunque a rompere le anfore e ben presto iniziarono ad accumulare accuratamente i cocci così ricavati in file sovrapposte, che a intervalli ricoprivano di calce per igienizzare la zona ed evitare il cattivo odore. Questo almeno dal 140 d.C. alle metà del III secolo. Arrivarono così a realizzare un monte che in origine doveva essere molto più alto dell’attuale.
La cima veniva raggiunta grazie ad una rampa percorribile dai carri, probabilmente corrispondente a quella oggi ancora esistente. Grazie a tale cura il monte è per gli studiosi un incredibile archivio delle attività economico-commerciali del periodo medio e tardo-imperiale. Le anfore, infatti, sono bollate e hanno tituli picti che ne indicano il luogo di produzione, il contenuto, il venditore, la data consolare ed altro. Se ne rese conto per primo Heinrich Dressel che sul finire dell’Ottocento iniziò a classificarle. Il monte non ha conosciuto solo fasi di accumulo; a esso andavano infatti ad attingere coloro che cercavano materiale di recupero per i più svariati fini.
Nel medioevo venne usato come location del carnevale, il Ludus Testaccie. Fulcro dei festeggiamenti era la c.d. “ruzzica de li porci”, sorta di Pamplona romanesca in cui maiali e cinghiali venivano fatti scapicollare giù dalle pendici del monte a bordo di carretti: quando questi arrivavano alle pendici, alla fine di una folle corsa, i partecipanti al “gioco” se li contendevano per catturarli e mangiarli.
In epoca molto più tarda, nel 1670, Pietro Ottini e Domenico Coppitelli acquistarono 200 canne di terreno intorno al colle per aprirvi dei “grottini” da destinare a osterie e cantine: nasceva così il Testaccio moderno, fatto di trattorie, oggi mutate in lussuosi e costosi ristorantini. Negli altri anni a seguire il monte venne utilizzato per i più svariati motivi: come poligono di tiro per gli artiglieri, come avamposto per cannoneggiare i francesi nel 1849 e infine anche come punto finale della via crucis, si spiega a tal proposito la croce sulla sommità.
Il Monte dei Cocci è stato ed è tutt’ora un luogo affascinante, pieno di storia che ci riporta indietro nel tempo. Passeggiare su un cumolo di cocci di 2000 anni fa è un’esperienza davvero unica.
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